ultima cena

ultima cena

lunedì, giugno 14, 2010

CiPi

Parlerò di un gattino, di come sia piombato nelle nostre vite e di come, in soli 3 giorni e 3 (lunghe) notti ci abbia fatto innamorare, ridere, piangere.
Solo un gattino, con tutto il mio rispetto a chi vive ben altre perdite.
Me l'aveva portato sul portone di casa venerdì nel primo pomeriggio Jan, il Golden di casa.
Credevo fosse una talpa, trofeo della caccia vittoriosa che il fido dona al padrone.
Invece dalla sua bocca usciva un miagolio.
La talpa malefica (con i suoi tunnel-distruggi-prato) può anche morire, ma un micio gatto no.
Indi per cui, mossa dalla mia traviata compassione animale, recupero l'indifeso.
Memore di non so quale legge di natura tramandata di padre in figlio, ricordo che se l'avessi toccato la madre l'avrebbe poi rifiutato, così lo "spazzo" nella paletta ed esco nell'aia alla ricerca del "nido".
Lo scricciolo, completamente mollo della bava canina, urlava i propri miagolii, incazzato come una lince, e così facendo richiamava le attenzioni di una gattina.
Così lo riponevo delicatamente al suolo speranzosa che la natura seguisse il proprio corso.
Una benemerita cippa!
Come poi mi disse mio babbo, signore e padrone indiscusso dell'aia - il terreno di mezzo tra il limitare del cancello e la strada vicinale, teatro del misfatto - la mamma era una gattina giovane che li aveva subito abbandonati.
Direi il colmo: una gatta eppure ZOCCOLA!
La sera al rientro me lo ritrovo ancora lì dove l'avevo appoggiato.
Credevo fosse morto, ma toccatolo riprendeva a miagolare a squarciagola.
Sono spartana, ma non ho avuto il cuore di "gettarlo dalla Rupe".
Così, dopo una breve consultazione famigliare, abbiamo adottato un Death Cat Miagolin.
Contattata immediatamente una veterinaria amica di famiglia, questa ci preparava all'inevitabile dandoci tuttavia qualche suggerimento per il pronto intervento.
Così Marcello alle 19.45 di venerdì si lanciava alla ricerca della farmacia di turno ove comprare un micro biberon e del latte in polvere, mentre Matilde mi saltava intorno garrula, ed io provavo a simulare con uno scottex umido il massaggio della lingua ruvida della mamma.
Il piccolo strillava come una iena, scalava gli ostacoli come Cliffhanger e ciucciava avidamente il latte (ogni ora/ora e mezzo, di giorno e di notte!)
Dormiva in camera con noi, come prima concesso a Matilde per due sole notti (mentre l'I-Mac è già alla seconda settimana!!!).
Sembrava riconoscesse l'odore mio e di Marci, che lo nutrivamo, e ci si arrampicava addosso e nascondeva il musino nelle pieghe a trovare calore e protezione.
Dai, come si fa a non innamorarsi?!
Questa mattina mi lamentavo delle 4 levatacce della notte, ma in verità ero felice perchè sembrava vispo ed era anche riuscito ad andare di corpo... e per quanto me l'avesse fatta addosso (più di una volta) era uno degli ostacoli da superare.
Insomma, purchè si parli di cuccioli, sempre cacca santa è!
L'ho lasciato a mia mamma, la nonna, con il biberon, il dosatore e tutte le raccomandazioni del "genitore" apprensivo.
(E mia mamma, perplessa: " ma un secondo figlio no?)
Pur tutto temendo e sapendo, non potevamo evitare di sperare.
Rientrata a pranzo ho capito che si stava spegnendo.
L'ho tenuto sul palmo della mano, tanto bastava, e coccolato finchè ho potuto.
Avrei voluto trasmettergli che questo surrogato di madre non l'avrebbe mai abbandonato.
L'ho lasciato tra indumenti che sapessero di noi (che magari gli stavamo pure sulle palle!) e un raggio di sole a scaldarlo.
Era un combattente. Marcello lo ha accudito per tutta la notte.
Non gli avevamo dato un nome per evitare di affezionarci troppo, ma non è poi servito a un granchè. Informalmente era CiPì (causa persa).
Era piccino, con ancora il cordone ombelicale e gli occhi chiusi e ci ha stregati.